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the waste land

014/015

 April is the cruellest month, breeding

Lilacs out of the dead land, mixing

Memory and desire, stirring

Dull roots with spring rain. 

T.S. Eliot

Partendo dal testo poetico The Waste Land di T.S. Eliot ho voluto tracciare un movimento interiore, del tutto personale.

Un luogo di veduta, uno spazio di osservazione: lo scenario di una riflessione.

Questi lavori raccontano del luogo reciso in cui si è soggetti alla tirannia del “veduto” – la crudeltà di una visione che non si contiene nello spazio epidermico ma si introietta nella profondità di una ricerca che non sembra avere fine. Ecco allora uno spazio pluri-dimensionale e allo stesso senza dimensione alcuna. Un luogo vuoto ma allo stesso modo un campo magico dove confluiscono forme e materia e forze. Dove il caos sembra contenuto nelle dimensioni, componendosi in forme, e allo stesso perdendosi in un riciclo continuo di urgenze.   

La desolazione intorno alle figure. La devastazione esterna di una civiltà moderna che priva l’uomo del suo relativo equilibrio, dei suoi legami con il reale. Un edificio fatto di rovine, frantumi e soli impercettibili frammenti di realtà: una Terra Desolata per l’appunto.  

Sembra essersi persi in quel particolare momento dello sviluppo di una civiltà in cui le forze vitali della civiltà stessa si esauriscono. Sembra muoversi tra luoghi aridi, evidenze di una sterilità interiore della vita moderna su base occidentale (borghese e metropolitana). Ma anche luoghi di possibile rinascita. Di evidenza di forze, energie di materia che non si esauriscono ma aggrediscono ed eccedono le forme stesse. 

 

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